Frastuono di Vita

 

Ho partecipato ad una delle Conversazioni del venerdì che il "Centro Studi di Psicologia e Letteratura fondato da Aldo Carotenuto" tiene da molti anni qui a Roma e che seguo da tutto il tempo nel quale vivo qui. Il titolo della conversazione era : “Il soffio dell’anima: tra religione e spiritualità”. Le relatrici con incedere cauto ed emozionato ci hanno accompagnato nella difficile diatriba che mette in relazione il senso che hanno avuto nelle culture e nella psiche universale le religioni e di come queste abbiano o meno influenzato o alimentato la nostra terza dimensione esistenziale, e cioè quella “spirituale”. Un excursus a tratti complesso ed a tratti profondo che mi ha fatto ritornare alla mente le mie personali esperienze, diciamo al limite tra trascendente e spirituale o magari solo frutto della mia fervida fantasia…sì perché nella mia semplice esperienza di perenne principiante stregona che tenta di accedere a questa dimensione non posso certo dire di aver capito o di avere le basi teoriche di riferimento, ma solo esperienze che a vario modo hanno messo in contatto la mia anima con qualcosa che fatico a spiegare a parole. Ed ecco che dopo il racconto di “Di vento e di mare” racconterò un altro momento della mia vita nel quale penso di aver provato qualcosa di vicino all’esperienza estatica spirituale, di contatto con una dimensione altra che potrebbe essere vicina alla dimensione divina.

 

Era la fine dell’ottobre 2015. Due amici abruzzesi ci invitano per un week end nella loro casa abruzzese. Lo scopo era di portarci a spasso nei loro luoghi e farci conoscere un pezzo di terra italiana che noi (io e Massimo) poco conoscevamo. Tengo a precisare che questi due amici sono amici un po' speciali, sono persone con le quali spesso ci intratteniamo in discorsi legati alla religione e alla dimensione spirituale, due persone di grande e profonda esperienza spirituale maturata nel tempo su diverse strade e con diversi Maestri che li hanno portati a sviluppare un loro personale rapporto con l’”Infinito Altro”.

 

Dopo questa breve e dovuta premessa ritorno al racconto.

Era il giorno della gita a Campo Imperatore. Da più persone avevo sentito parlare di quel luogo da molti chiamato il “piccolo Tibet”. Avevo visto molte foto ed ero veramente curiosa di andarci anch’io.

 

Arriviamo in macchina ed iniziamo ad attraversare questo territorio così nuovo per me e dalla morfologia in effetti insolita per essere montagna italiana. Ci fermiamo in un punto ed il panorama è di fatto bellissimo: una sconfinata distesa di verde, colline, montagne tutte intorno e nient’altro. C’era un vento gelido ricordo. Io osservo quel posto ma stranamente non sento emozioni. Sì mi piaceva, era affascinante, ma era come se mi sentissi anestetizzata. Non percepivo nulla, anzi ad un certo punto mi son detta: ma qui è solo una distesa brulla di sassi ed erba secca e niente più. Non lo dissi però, un po’ mi sentivo in imbarazzo, sentivo la parte di me razionale che predominava e che diceva: ma qui non c’è proprio un bel niente di emozionante! solo il nulla, niente vita, niente che si muova, proprio niente!

 

Camminiamo per un pezzo fino a raggiungere una specie di balcone naturale che dava su di un avvallamento  sconfinato. Eravamo tutti e 4 assieme a guardare, ma io guardavo e continuavo a non sentire nulla se non freddo ed un po’ di stanchezza. Decidiamo di rientrare, ma io sento che dovevo fermarmi ancora un po’. Chiedo loro di andare e di lasciarmi lì ancora un po’ da sola.

 

Mi fermai ed iniziai a guardare senza più pensare. Sì, cercai di fermare i pensieri e cercai di abbandonarmi a quella scomoda sensazione di niente, avevo deciso di accoglierla di lasciarla essere, di non giudicarla più.

 

 

Ad un tratto si infila nella mia mente una nuova visione. Sentii come un enorme brulichio di vita su quelle pietre, su quell’erba, tutto un mondo di insetti, animali e cellule che si muoveva, che respirava, che camminava, che cresceva o che moriva. L’aria che da sopra si infilava tra la rada erba e che entrava nella terra e respirava con essa. Era come un enorme "frastuono di Vita”! Ad un tratto ricordo che mi sono come sentita parte integrante di quel frastuono, era come se le mie cellule partecipassero con lo stesso ritmo e la stessa danza a quella moltitudine di cellule, di atomi e di energia che ruotavano intorno a me. Ho sentito come se il mio corpo di disfacesse e si fondesse in un solo elemento che in se aveva tutti gli elementi.

 

E’ stato un istante, non so quanto sia durato, ma è stato un momento di indescrivibile beatitudine che avevo provato solo un paio di altre volte in vita mia.  E’ stato così forte che ho sentito come paura e mi sono, come dire, riconnessa al presente come per fuggire da quella dimensione così sconvolgente. Il mio cuore batteva forte ed il respiro era più veloce, mi sono commossa e mi sono inginocchiata a baciare e ringraziare quel suolo che mi aveva regalato quel momento così speciale.

 

Non ho altro da dire se non riportare un pensiero che una delle relatrici ha ben espresso ieri sera e cioè che la dimensione spirituale di connessione con l’”Infinito Altro” o con il Divino, la si può ottenere solo attraverso la silenziosa osservazione della natura incontaminata e dell’Arte. In noi davvero c’è già il tesoro nascosto ma spesso non riusciamo, in una vita intera, ad accedervi o se riusciamo ad intravederlo, poi ci pensa un qualcos’altro (ragione, autocensura...) ad ostacolarne l’accesso ed il godimento. Ma non importa, ciò che conta è provarci, è accettare la nostra finitudine che è allo stesso tempo la porta per accedere proprio a quell’”Infinito Altro”.

Viviana

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Commenti: 1
  • #1

    Antonietta (sabato, 14 maggio 2016 21:18)

    Interessante Viviana.............