Il Tappeto Volante

25 Aprile 2017

 

 

Decidiamo di passare il 25 aprile al mare, ad Ostia, nel nostro solito posto. Passeggiata, lettura e magari un pranzetto. Raggiungiamo il lungo mare dal centro. E ora? Andiamo verso destra o verso sinistra?

Scegliere una direzione o l’altra lo si fa a caso, non gli si da molta importanza, ma la scelta della direzione è sempre una scelta che ha in sé il seme di quel nuovo pezzo di vita che andrà in quel solco ben preciso e non in un altro.

Andiamo verso sinistra.

Arriviamo al molo che si protende sul mare, una lunga striscia di cemento armato che se percorsa tutta ti porta ad una rotonda che è costruita molto fuori dalla riva e che ti da l'impressione di essere proprio in mezzo al mare. Cominciamo a percorrerla. Tantissima gente aveva deciso di godersi un po’ di sole e di vento, e affolla quel luogo amaramente suggestivo, e noi tra loro. Siamo attratti da un manipolo di persone che guarda dalla balaustra in cemento sulla nostra destra.

 

27 Aprile 2017

 

Dopo una pausa di 2 settimane ritorno al mio impegno al Centro di Ascolto. Ogni volta è come aprire un libro nuovo che so già mi scuoterà l’anima da una qualche parte nuova, cogliendomi, come sempre, mai preparata abbastanza. Confido solo in poche cose: la curiosità dell’incontro, la speranza di uno scambio che sia utile, che dia un po’ di coraggio o che offra almeno la possibilità di uno spazio dove depositare po’ di amarezza, rabbia, paura... il resto è improvvisazione e quel che accade accade.

 

Amal è il 4 colloquio della mattinata.

Arriva scocciato, ha aspettato 2 ore il suo colloquio e più di una volta lo avevo visto chiedere se doveva aspettare ancora molto. Il fastidio per l’attesa ha radici multiple, da una parte quella puramente pratica, e cioè – se faccio tardi addio pranzo – ma ne esistono anche di più prettamente emotive che scavano nelle radici profonde e dolorose dell’esclusione e del sentirsi gli ultimi, sempre in coda e sempre in attesa di qualcosa. Amal viene dall'Afghanistan, ha passato a piedi o con mezzi di fortuna la rotta che porta in Europa impiegandoci mesi. Ha vissuto un po’ in Germania, poi in Svezia poi Norvegia per stabilirsi qualche anno a Londra dove ha lavorato in ristoranti e pizzerie, il tempo necessario per vedere rifiutata la sua richiesta di asilo, ma abbastanza per poter mettere da parte i soldi sufficienti a tornare nella sua Patria qualche mese. Amal ha 23 anni ed è fuggito dal suo paese ancora minorenne. E’ in Italia da 5 mesi e parla solo inglese.

E' davanti a me con un fare subito nervoso e scocciato. Avevo appena letto nelle note dei colloqui che era un soggetto psicologicamente fragile e instabile e così mi era stato assegnato.

“Come va?”
“Bene! Ma ho fretta, altrimenti non mangio!”

“La mensa è aperta fino all'una e mezza, ce la fai!”

“Non capisco perché mi devo sedere, fai il timbro che vado!”

“No prenditi pochi minuti e siediti, ti va se facciamo due chiacchiere?”

Lo guardo con dolcezza e lui, nonostante tutto non riesce a dirmi di no e si siede. Gli chiedo dove dorme e mi dice che dorme a Termini sul marciapiede esterno, allora mi prodigo nel dargli tutti i riferimenti del caso per cercare, in Roma, una sistemazione al coperto, lui li prende volentieri ma allo stesso tempo mi dice che sta bene anche all'aperto e che non fa poi così freddo. Ha appena ottenuto il Permesso di Soggiorno di cui noi non abbiamo ancora copia e così chiedo alla ragazza che sta facendo tirocinio con me di andarne a fare una fotocopia, e restiamo soli. Il quello spazio breve gli chiedo se ha notizie della sua famiglia ed è  lì che lui mi racconta che è sposato e che ha un bambino di 5 mesi, che sta lavorando per mettere da parte i soldi per comprare il biglietto e andarli a trovare tra 4-5 mesi e che desidera tanto rivederli. Poi si ferma un attimo mi guarda e mi dice che era la prima volta che raccontava a qualcuno che era sposato e che aveva un figlio, che non l’aveva mai detto a nessuno prima, nemmeno alla Questura. Gli chiedo perché visto che è una cosa bella,  lui non me lo sa spiegare però mi dice che forse adesso lo farà, e mi sorride per la prima volta.

“Amal, che lavoro fai?”

 

25 Aprile 2017

 

Al di sotto della balaustra del pontile, sulla spiaggia due ragazzi avevano sistemato una serie di copriletti di tela colorati che potevano essere usati anche come teli per la spiaggia. La gente impreparata all'idea di sdraiarsi al sole era arrivata sprovvista di un telo da spiaggia e attratta dal prezzo piuttosto economico e l’accattivante bellezza dei disegni stava facendo incetta. I due ragazzi sembravano due grilli impazziti. Uno alla balaustra mostrava i teli ancora chiusi nei sacchetti, l’altro sulla spiaggia aveva predisposto una specie di show room con tutti i disegni disponibili in alcune tonalità di colore. A te bastava chiedere: “Scusi, mi piacerebbe quello con il disegno del corallo ma sullo sfondo giallo” e zac come in una stampante a colori usciva dal sacco proprio quello che avevi chiesto tu. Certo a farsi capire era dura, sì perché l'addetto alla clientela parlava solo afgano, l’altro, l’addetto alla show room, invece parlava anche inglese e così era spesso interpellato dal primo per capire quello che veniva chiesto, normalmente in italiano. Insomma un po come  il gioco delle tre scimmie.

Io e Paolo ci guardiamo e ci rendiamo conto di essere nella media: neanche noi avevamo pensato di portare un telo per stenderci sulla sabbia e ripararci un po’ dal vento.   E così decidiamo di giocare alle tre scimmie con questi due simpatici ragazzi.

All'inizio mi aveva attratto il telo con un bellissimo disegno di albero al centro:

“Vorrei vedere quello con l’albero, ma con lo sfondo rosso scuro” “Taula biti, ora ecco, binaco!”  e mi porta un telo bianco con un disegno diverso. No, la comunicazione non funziona.

“No scusa, mi piaceva quello con l’albero”

“Taula?”

“Si albero”, e mi porta quello con l’albero ma con lo sfondo bianco. “No bianco, lo vorrei rosso scuro!” e gli indico un telo steso a mo’ di esposizione sulla balaustra con un disegno diverso ma del colore che volevo io.  

“Acra, nimeh no, marone no!” e mi porta un altro disegno con il telo stavolta di color rosso scuro. Arriva il suo collega che parla inglese e a lui diciamo cosa ci piacerebbe e finalmente capiamo che la stampante magica non stampa teli rosso scuri con albero, insomma quel modello non c’era. Allora ci mettiamo a guardare nell'esposizione abbandonando l’idea del “Voglio ciò che voglio” ed abbracciando l’idea del “Voglio ciò che c’è e mi piace”. Veniamo attratti da un telo con tanti piccoli quadrati colorati, per lo più sulla tonalità del rosso, in ciascuno, al centro c’era un disegnino semplice, sempre diverso a rappresentare strani animali, fiori, elefanti e strani oggetti. Ci piace subito e lo compriamo. Eravamo felici del nostro acquisto ed erano felici loro, i due simpatici  e bizzarri venditori, di averci accontentati e ci scambiamo sorrisi e grandi strette di mano.

Iniziamo la nostra passeggiata sulla spiaggia senza una vera e propria meta se non quella di trovare uno spazio tranquillo dove stendere il nostro bellissimo telo e sdraiarvici sopra.

Troviamo il posto dove finalmente possiamo stendere il nostro acquisto. Che meraviglia! Lo fermiamo ai lati con un po’ di sabbia e lo guardiamo. Siamo proprio soddisfatti, ne notiamo le dimensione e quanto sia comodo e spazioso e così ci tuffiamo sopra.

Io prendo il mio libro mentre a Paolo squilla il telefono.

Guarda il numero ed è un numero inglese, subito non vorrebbe rispondere poi risponde. Dopo un iniziale scambio di convenevoli capisco che dall'altra parte stava parlando uno di quelli che si chiamano “Head hunter” (cacciatori di teste), degli addetti alla selezione di professionisti sul mercato per conto di aziende terze. Dopo l’invio di tanti CV per diverse posizioni, quella era la prima chiamata che Paolo riceveva dopo più di due mesi! Il colloquio scorre liscio e suona proprio bene.

Dopo la telefonata io e Paolo ci guardiamo, lui è emozionato e molto felice ed io di più. Ci diciamo subito che non importa se da quella telefonata ci sarà un seguito, ma intanto è arrivata la prima, intanto si è rotto il ghiaccio e comincia a girare l’energia. Fantastichiamo su quello che gli era stato proposto, ma non importava se si sarebbe realizzato, eravamo felici già così come lo eravamo prima della telefonata, solo un po di più.

 

E’ stato improvviso il pensiero di essere su di un tappeto magico e che quei due folletti non fossero altro che due angeli travestiti.

 

27 Aprile 2017

 

“Io lavorare sulla spiaggia ad Ostia, vendere cover! Per letto, tu quando vai a Ostia?”

“In realtà ci sono stata solo due giorni fa…” lo guardo… mi guarda…

”Ma tu eri a vendere sul molo?”

“Sì”

“Con te c’era un amico?”

“Sì”

“Ti ricordi di me? Ero con mio marito ed ho comprato un telo da voi”

 

Si mi ricordo di te, ti ho dato quel telo e spero che ti porti fortuna.

Il mio nome: Amal significa Speranza.

 

 

V.

 

 

 

 

 

Immagine tratta dal web: http://www.puzzlepuzzles.it/puzzle-di-aladino-e-la-lampada-meravigliosa.html

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