Una tazza di latte caldo

E’ notte fonda nella stanza di questo ospedale. A tratti nessun rumore ed anche lei, dopo aver molto sofferto in queste ore, sta finalmente riposando. Le emozioni, così come l’aria di questo momento si fanno più rarefatte tanto che non riesco quasi a distinguerle nitidamente. Mi sento stranamente serena e mi chiedo come sia possibile. Strani mostri si addensano sulla mia testa. Questa serenità forse è figlia di una forma di distacco e mi chiedo imbarazzata che significa. Mi dico che forse è un sano distacco che mi sta proteggendo da una massa di dolore immenso che non riuscirei a sopportare se arrivasse alla mia coscienza così com'è, e sento che quello che sto vivendo è un passaggio importante sia per me che per lei. La vita a volte è come se ti capovolgesse e ti costringesse a vedere da una prospettiva dura e cattiva, senza pietà, una prospettiva dalla quale non si è mai preparati a guardare e che ci trova fragili e già sconfitti. Tutto da risalire, tutto da inventare senza libretto di istruzioni e senza possibilità di scampo. Un'assurda geografia sconosciuta e malvagia che solo se accettata e abbracciata porta in se il dono postumo del senso. 

In balia di questi pensieri mi abbandono alla notte.

 

La notte è come una culla, un ventre che ti avvolge e ti fa stare con te in una sorta di strana intimità. Ore di silenzio spezzate dall'urlo straziante di un anziano che sta qualche stanza più in là. Il cicalio asincrono delle chiamate di assistenza. Tutto si fa ricerca, esplorazione, tutto si fa contatto intimo con qualcosa di me che non conosco e che sto sperimentando.

Non riesco a dormire...

Sento freddo dentro, quel freddo che ha in se come un senso di paura e di smarrimento. Ho bisogno di scaldarmi, di scaldare la mia anima in pena e stanca. Sento il bisogno di darmi un istante di tenerezza personale. Mi sento scarica e provata, e sento il desiderio di nutrire il mio cuore con una carezza. Mi chiedo: di cosa ho voglia in questo momento? La risposta arriva quasi immediata, come un raggio di luce: Ho voglia di un bicchiere di latte caldo. Che magnifica idea!

Prendo gli unici 2€  che mi sono rimasti spicci a vado alla macchina del caffè che è al fondo del corridoio del piano dove mi trovo. Cammino lentamente in quel lungo corridoio asettico, così felice di darmi quel momento di benessere, mi gusto anche il solo fare quel percorso che mi porterà a quel momento di gioia. Metto i 2€ nella fessura ma la macchinetta ha deciso di non aderire al mio desiderio e me li risputa indietro. Ci riprovo, ma niente. Li sfrego sui pantaloni come mi avevano insegnato, tentando uno strano e sconosciuto principio della fisica che chissà mai se ha un senso, ma appunto non avendolo fa scivolare i miei 2€ nella buca dei resti.

Sconsolata mi allontano. Poi mi fermo, mi giro e ritorno alla macchinetta decisa a provare il metodo del lancio deciso della moneta. Ci provo, un attimo di trepidazione, forse ce la faccio…ma ancora niente.

Non mi arrendo e comincio a passare in rassegna mentalmente i luoghi da me percorsi di quell'immenso centro per ricordare dove possa essere un altro punto ristoro. Ho il ricordo vago di uno al piano terra e quindi mi dirigo là. Arrivo, ma nel posto che ricordavo non c’è niente. Scoraggiata inizio a capire che la mia voglia di latte caldo non verrà appagata, quel luogo così asettico non da conforto alle anime erranti che portano a spasso un po’ del loro dolore come fosse in un sacchettino di plastica.

Inizio a vagare in quel piano e non dandomi ancora pace scruto al di là delle porte chiuse per vedere se c'è qualcosa, non le avrei comunque varcate ma almeno avrei visto in lontananza la possibilità della mia tazza di latte, e di un istante di serenità senza potervi accedere, come a volte succede nella vita. Tutto è deserto e silenzioso. L’atmosfera ha un che di surreale, tutto è pulitissimo quasi sterile, lineare perfetto, ma non ci sono umani se non me. Di tanto in tanto mi vedo riflessa sui vetri. Guardo il mio corpo sempre più magro, il mio viso stanco e senza espressione.

Ormai senza più speranze decido di percorrere un altro corridoio mai fatto prima qualcosa in me mi diceva di andare da quella parte, anche da li sarei potuta ritornare indietro alla mia destinazione: la sedia di legno a fianco al suo letto. Quel qualcosa però aveva ragione. Al fondo di quel corridoio c’era un punto ristoro bellissimo ed enorme! Un miraggio che diventa vero ai miei occhi: due macchine per il caffè con ogni sorta di bevande calde, più altri distributori di ogni genere di leccornie, una persino dispensava gelati.

Ora il timore era: prenderà i miei poveri ed unici 2€? Li infilo trepidante nella prima delle due, la mia tazza di latte caldo dipende dal suono che farà quella moneta cadendo nella sua pancia. Un attimo di suspense e clack, la moneta è digerita! Evviva!!! Da lì a poco avrei bevuto finalmente la mia tazza di latte. Pigio il tasto ed esce. E’ schiumosissimo, mai visto un latte così bello in vita mia. Inizio a sorseggiarlo ed è un nettare nel mio palato che scende e scalda tutto il mio corpo e la mia anima infreddolita. Mi siedo in una delle sedie messe a disposizione in quello spazio. La mia attenzione a questo punto è catturata da un altro distributore, quello degli snack. E’ il momento giusto per trasgredire alla ferrea dieta che mi impone di non mangiare più zuccheri per via di quella stupida malattia che ha deciso di impedire ai miei muscoli di esistere: ho voglia di cioccolato!

Latte e cioccolato un connubio perfetto mi dico. La parte rigida in me sento che mi dice imperativa: “Viviana lo sai che non dovresti!” Ma c’è un’altra parte che piano piano sta crescendo, che è quella che mi ha spinto lì, la parte che mi dice di darmi una coccola ogni tanto, di trasgredire per amore verso me stessa, di ascoltare i miei bisogni e di azzardare senza paura in ogni situazione perché mal che vada non andrà e semmai potrò ritentare. Quella parte mi dice: “Questo è un momento di intimità con te stessa e meriti di essere nutrita e coccolata, di provare un attimo di piccolo a sano godimento perché ti serve e perché serve”. Allora ritorno quasi trionfante al distributore degli snack dolci e la scelgo tra tantissime con attenzione: una berretta di wafer ripiena di cioccolato alle nocciole. In tasca ho gli spicci giusti per quella. Li infilo e zac ecco tra le mie mani quel cibo che farà di quell'istante un momento di puro godimento e felicità e che mi nutrirà per poi poter nutrire.

Con il mio bottino tra le mani e felice come una bambina mi risiedo alla mia sedia addossata al muro e finalmente mi gusto il mio latte caldo e la mia barretta al cioccolato alle 3 e 30 di notte in un punto sperduto del mondo che sta in un punto ristoro all'Istituto di ricerca sul cancro nella provincia di Torino.

Darmi quel momento di felicità è stato come dar da bere alla mia pianticella interiore, che aveva bisogno di quel calore e di quella piccola attenzione.

 

La felicità è qualcosa di piccolo e semplice che si annida a volte anche dentro momenti esistenziali terribili e devastanti, "permettersi" un gesto di attenzione verso noi stessi proprio in quei momenti ci ridà linfa vitale che potremo poi donare a chi ne ha più bisogno di noi.

E' importante nutrirsi per nutrire e non averne vergogna.

 

 

Viviana

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Commenti: 2
  • #1

    rosella (mercoledì, 21 settembre 2016 13:16)

    grande viviana... hai deciso di volerti bene per voler bene a ketty

  • #2

    Giovanni (mercoledì, 21 settembre 2016 15:45)

    Grande Vivi. Tante emozioni e qualche lacrimuccia leggendo, forse perchè è una sensazione che conosco e ho vissuto senza però riuscire ancora ad accoglierla in pieno.
    Un abbraccio.